Recensione: il nuovo disco di Mobrici
Anche le Scimmie cadono dagli Alberi: il nuovo disco di Mobrici.
Recensione contribuito da Giada Consiglio di Futura1993
Photo credit: Francesco Levy
Quando si pensa ai cantautori vengono subito alla memoria i grandi nomi del repertorio italiano: Fabrizio De Andrè, Rino Gaetano, Lucio Battisti. Al giorno d'oggi utilizzare questo termine risulta difficile, proprio perché l'accostamento ai grandi nomi del passato diventa sempre esagerato, ma quando andiamo ad ascoltare alcune giovani e promettenti promesse, nasce un fiore nel cuore pensando che esistono ancora cantastorie capaci di farci perdere nella musica.
Tra i primi nomi a cui poter far riferimento c'è Matteo Mobrici, che non è certo novellino del mestiere nonostante questo sia il suo primo disco da solista. Lo ricordiamo infatti come frontman dei Canova, gruppo milanese che ha girato in lungo e in largo l'Italia in tour e ha ottenuto grandi consensi e dischi d'oro con brani come Manzarek, 14 sigarette, Expo etc. Conoscevamo già la sua scrittura sensibile e dolce, spesso malinconica, ma anche provocatrice, comune e divertente. Dopo lo scioglimento della band, si è dedicato al suo progetto solista, ed è nato Anche le scimmie cadono dagli Alberi per Maciste Dischi e Virgin Records.
Undici canzoni il cui filo narrante è ovviamente l'amore in tutte le sue forme: triste, arrabbiato, nostalgico, confuso, romantico. Ad ispirarlo in questo titolo un po' bizzarro c'è un antico proverbio giapponese che insegna ad accettare i fallimenti della vita e le nostre imperfezioni: così come le scimmie cadono dagli alberi, anche noi possiamo permetterci degli errori.
Ad aprire le danze vi è Cantautore, un brano autodescrittivo e di presentazione "sono un cantautore, vivo nel dolore ai margini della città", esprimendo senza dubbio il suo essere e affermandosi, appunto, un cantautore del nostro secolo.
Tassisti della notte è l'ultimo singolo estratto dall’album, ma anche il secondo in lista, una fotografia di lavoratori notturni che nella loro solitudine accompagnano anime di innamorati che vagano separati nel loro dolore.
"Come stai tu, ma non dovevamo vederci più?" citando Battisti il brano Amici Così ci regala un film di due amanti che decidono di separarsi non lasciando futuro nemmeno alle fotografie.
Questo disco presenta dei piccoli doni preziosi: le collaborazioni con altri artisti, e chi se non meglio di Brunori Sas poteva dare un tocco di classe? Povero Cuore arriva come docile e potente, quasi come uno schiaffo da una mano calda. Pianoforte e violini si inseguono partendo da una ritmica lenta e sinuosa, scoppiando poi sul finale con l'unione delle due voci. Il testo è un'autoanalisi di ciò che il nostro povero cuore affronta dalle delusioni, di quando viene spaccato e usurato, ma anche una voglia di rialzarsi grazie alla mano di un amico pronta a tirarci su "Tiralo alla luna / tiralo alle stelle / fallo vedere / prima che ci muore".
Si cambia registro con Canale 5, rinasce la consapevolezza di se stessi, di quanto possa mancare l'innamorato ma "mi hai fatto tanto male / non ti posso perdonare", su una cassa che ci fa muovere e fare spallucce come a dire "beh si, doveva andare così".
Anna Meraviglia sarà stata dimenticata? Una canzone estremamente attuale, ci descrive come schiacciare chiodo e conoscere qualcun altro tramite le dating app, ormai pane quotidiano della nostra generazione, ma che non sempre funziona. Ci si manca, anche nelle piccole cose: la barba, il respiro, la voce, facendo molta fatica a superare quell'amore ormai finito. (Ci siamo persi, ci siamo divisi / ma non volevo dimenticare).
Altro featuring lo troviamo in Scende con Gazzelle, collega romano della maciste, un brano inaspettato nella ritmica, che contrariamente alle tipiche strofe romantiche ha toni più rancorosi "non ti ho mai visto / non ti ho mai chiesto niente / non so chi sei / non so cazzo ti prende".
Il sentimento muta dalla rabbia alla supplica, in 20 100 in cui troviamo un Mobrici che parla a se stesso in modo sincero, farebbe tutto per recuperare un rapporto ormai sfuggito "ruberò la Madonnina / inonderò il naviglio con le lacrime / ti ho persa sotto una luna piena", trasportandoci in un film in bianco e nero ambientato nel grigiore milanese a cui il titolo stesso fa riferimento tramite il cap. TVB sembra più allegra con una chitarra e una batteria costanti ma invece nel testo è triste e autentica, si spoglia e resta solo la base di tutto: volersi bene.
Quando penso ai cantautori, al brivido che nasce quando li ascolto cantare, penso alla loro versione nuda, quella chitarra e voce, che nella sua semplicità riesce a toccare i sentimenti, a far venire le lacrime agli occhi, perché ci fa immedesimare: questo è quello che sento con Un Bacio, è romantica e sa far vibrare nella sua dolcezza.
La Fine chiude il disco lasciandoci uno strato sottile di amarezza ma anche di consapevolezza che possiamo superare i momenti tristi e metterci in gioco ancora "Ma cosa ci dobbiamo fare / se nella vita / l'amore finisce? /credo che l'accettazione / sia il migliore trucco /. per vivere in tranquillità".
Il ragazzo che con i Canova aveva imparato a scrivere è certamente cresciuto. Lo capiamo dal suo vissuto che ha dato più spessore alle rime e lo ha reso più forte, nei concetti e nella musica. Mi ha colpito molto la poetica, inserendo spesso la notte e la luna, (ragazza vestita di notte) la capacità di saper attraversare i vari stati d'animo che, come una scala, hanno alti e bassi per poi raggiungere una pace verso sé stessi e verso l'altro. Mobrici ha una voce e un timbro molto caldo e confortevole, ci ha saputo lasciare la voglia di credere ancora nell'amore, quello dolce e romantico, e di poterci abbandonare alla musica e poter confidare in lei.
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