In un mondo di Thegiornalisti, siate Lo Stato Sociale

In un mondo di Thegiornalisti, siate Lo Stato Sociale

Articolo contributo da Chiara Grauso di Futura1993

Sono di Bologna, si sono formati nel 2009 e sono un collettivo musicale. Hanno partecipato per la seconda volta al Festival di Sanremo portando sul palco un progetto iniziato, qualche settimana prima, con un’operazione assurda e un po’ sfacciata: pubblicare un album a settimana, per cinque settimane, uno per ognuno dei componenti della band. Questo è il loro personalissimo Attentato alla Musica Italiana, titolo dell’album disponibile dal 12 marzo in tutti negozi di dischi, che racchiuderà, al suo interno, oltre ad ognuno di questi ep anche altri brani, tra cui le cover Sono un ribelle mamma e La felicità non è una truffa.

Sul palco del Festival, in questi giorni, si sono presentati non diversamente da quanto fanno sul palco dei loro live. La band sembra non sentire la pressione da Ariston e da competizione; così, appena si accendono le luci sulle loro esibizioni, quello a cui pensi è «ma sì, loro fanno musica per divertirsi.» Sì ma non solo. Oltre all’anima da festa, alla gran confusione portata sul palco e alla spensieratezza – che apprezziamo e che ci salvano, dopo alcune esibizioni angoscianti e ai limiti della disperazione – la band porta con sé sempre un progetto ben chiaro e scelte coerenti. Di fronte al pericolo di una identificazione totalizzante del gruppo nella figura di Lodo, erroneamente spesso identificato, da chi meno li conosce, come frontman della band, Lo Stato Sociale fa una doppia operazione: sul palco e nella propria discografia. A poche settimane dal Festival, decidono di pubblicare un ep a settimana: in tutto cinque, tanti quanti i componenti della band, per un totale di 25 canzoni in poco più di un mese. La provocazione c’è: «Attentato alla musica italiana è il nostro attacco kamikaze e privo di logica commerciale, un tentativo di sovraccaricare il mercato musicale per farlo esplodere e poter tornare a godere con le canzoni», scrivono su Instagram, per presentare il lavoro in uscita; e altrettanto fanno sul palco dell’Ariston, nella scelta di mettere da parte, nella prima puntata, la presenza di Lodo. L’effetto sorpresa c’è stato, chi li aveva conosciuti con Una vita in vacanza resta spiazzato: dov’è finito quello che canta?

Sul palco la band ha portato Combat pop, un brano estratto dell’ep ALBI, ultimo ad essere uscito, che dietro la giocosità con cui è presentato nasconde lo sguardo attento e intelligente della penna di Alberto Cazzola, oltre a quella di tutti gli altri componenti del gruppo e di Matteo Romagnoli e Jacopo Angelo Ettorre. Attuali senza mai risultare pesanti: Lo Stato Sociale ci piace proprio per questo, perché riesce a farci divertire e riflettere insieme.

Sono un collettivo e come tale si presentano: la collettività del gruppo emergeva anche negli album precedenti, ma per essere scovata, forse, necessitava di un ascolto attento e una conoscenza più approfondita. Il gruppo ha voluto scomporre i tasselli di cui si componevano quando stavano rischiando di diventare troppo statici. L’identificazione quasi esclusiva verso Lodo c’è sicuramente stata per un periodo, e noi apprezziamo che la band abbia deciso di compiere questa inversione di tendenza reclamando di nuovo a gran voce la vera identità e l’intento con cui si è formata anni fa. Apprezziamo questa operazione compiuta su se stessi e i loro lavori, abbiamo apprezzato le singole identità, molto diversificate, emerse dalla pubblicazione degli ep. Tale scelta ha permesso di conoscere la personalità di ognuno di loro a 360°, e ha permesso di notare la crescita artistica raggiunta in questi anni. Brani come Perso (CHECCO), Il giorno dopo (CAROTA), Equazione (ALBI) permettono di conoscere un lato del Lo Stato Sociale sicuramente poco approfondito nei lavori precedenti.

Insomma, Lo Stato Sociale non è solo quello de la vecchia che balla, non è il gruppo in cui Lodo è il cantante o il frontman: è un collettivo e in tale concetto ha ritrovato un punto di forza, per riemergere da un momento in cui rischiava di fare, forse, la fine di gruppi come i Thegiornalisti o i Canova. A noi questa scelta è piaciuta, così come ci sono piaciute le scelte compiute sul palco della 71° edizione del Festival. Momenti di riflessione, toccanti e necessari, come quelli raggiunti nella serata delle cover, accanto alla leggerezza di una risata spontanea e incontrollata, come quella che non è riuscita a trattenere Checco durante l’esibizione della quarta serata. A noi piacciono così, un po’ punk e divertenti, romantici e imprevedibili: non ci interessa se non sono perfetti dal punto di vista tecnico, che noia queste storie. Preferiamo una band che ha alle spalle un progetto e un disegno coerente da anni, che un artista che sale sul palco dell’Ariston con una performance canora impeccabile, ma che non riesce a trasmetterci più niente.

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