Intervista: Gamete
Intervista contribuito da Chiara Grauso di Futura1993
Abbattere muri e preconcetti per ritrovare se stessi: Gamete, un nuovo progetto musicale tra autenticità e potenza.
All’anagrafe è Carlo Bolacchi, ha 34 anni e vive a Reggio Emilia. Gamete è il suo nuovo progetto artistico, ma in campo musicale non è un novellino: nel 2016 era tra gli otto vincitori di Area Sanremo, con il brano Paolo Fox, che ironizza sull’importanza che riveste, oggi, l’oroscopo nella nostra società. Subito dopo inizia un periodo ricco e musicalmente intenso, al fianco di Ermal Meta: gli fa da opening act su e giù per l’Italia. Nel 2019 pubblica Cammino col cuore, poi, un silenzio artistico durato fino al 22 ottobre: data in cui si presenta con un nuovo brano, Argento, un nuovo progetto dal nome Gamete, e una visione della musica totalmente rinnovata rispetto a prima.
Argento è stato prodotto insieme a Marco Montanari, e rappresenta una sorta di manifesto artistico per Carlo: con questo brano ci dice chiaramente come la sua visione della musica sia cambiata, e come abbia capito che rincorrere logiche e preconcetti sia inutile e spesso controproducente.
Pochi giorni dopo l’uscita del singolo abbiamo sentito telefonicamente Gamete per fargli qualche domanda sul brano, per capire cosa è cambiato in questi due anni, e cosa dobbiamo aspettarci dai prossimi lavori a suo nome. Leggi cosa ci ha raccontato!
Ciao Carlo! Partiamo subito con il tuo nuovo singolo: com’è nato Argento, e che rapporto hai con questo brano?
Ciao! Argento è nato un anno fa, dopo aver attraversato un brutto periodo, sia per motivi legati alla pandemia che per fattori personali. Anche dal punto di vista artistico: ero fermo al pubblico da un po’, nonostante abbia continuato a fare musica per me stesso. Il brano nasce dal bisogno di raccontare quello che avevo dentro: la mia storia personale, da quando ero bambino ad oggi. Argento è un riassunto di questi miei 34 anni di vita: racconto un disagio, dovuto ad esperienze vissute da bambino, sino ad arrivare ad oggi che sono un uomo, mettendo a fuoco la mia situazione attuale. È stato come mettere su una foto la mia vita di questi anni.
L’hai già anticipato: il brano arriva dopo un periodo di silenzio artistico, ed un cambio di direzione totale. Come si è modificata la tua prospettiva rispetto ai lavori precedenti?
C’è stato un reset generale rispetto ai brani del passato. In questi due anni ho lavorato molto su me stesso: sulla scrittura e sulla produzione dei brani. Argento è stato prodotto insieme a Marco Montanari; ho realizzato la preproduzione io, un lavoro mai fatto prima. Mi sono messo in gioco di più. Gamete, infatti, è un nuovo inizio: il nome nasce dal concetto di nuova vita, sia artistica che personale.
Ascoltando il brano, il messaggio che ho percepito è quello di una voglia di essere se stessi ed esprimerlo liberamente: possiamo dire che ti stai focalizzando di più su te stesso, e stai presentando un lavoro più puro. Insomma, è come se dicessi: “questo sono io, mi metto a nudo”.
Esatto, sono contento che tu dica queste cose, perché era l’obiettivo del brano e l’hai colto in pieno! Ho abbattuto degli schemi e dei muri che avevo costruito in questi anni, dove avevo interpretato il mio modo di far musica in una maniera sbagliata. Ad oggi, questa visione è cambiata: rispetto ai miei lavori precedenti, questo progetto non ha schemi e preconcetti. Non ha genere. Anche i prossimi lavori saranno totalmente spontanei. Sono super libero, sia mentalmente che artisticamente.
Andando a vedere il brano nel dettaglio, dici: “saremo liberi e anche più soli”. Secondo te, il coraggio di essere se stessi porta inevitabilmente ad una maggiore solitudine? Intendo il termine in senso lato: da quello musicale a quello sociale.
Quando ho scritto quella frase volevo rappresentare un aspetto della società moderna: ci sentiamo liberi di fare e dire quello che vogliamo, ma quando questo avviene veniamo isolati, emarginati. La società porta avanti quel senso arcaico del giudizio sulle persone. Ci esponiamo tanto, siamo portati a farlo, ma questo ci porta ad essere anche più soli.
In campo musicale l’autenticità ripaga, o il più delle volte siamo costretti a scendere a compromessi (artisticamente)?
Oggi in musica ci si trova in un momento in cui l’ambiente è molto saturo. Dopo anni in cui ho inseguito delle scelte per “piacere”, ora ho abbandonato quel meccanismo, non intendo più scendere a compromessi. Quando capisci che non serve a niente inseguire le mode, capisci di aver vinto con te stesso. L’importante, ora, è fare qualcosa che piaccia a me. Come per Argento: lo ascolto e penso “finalmente ce l’ho fatta, sento un prodotto che mi rispecchia”.
Nella copertina del brano c’è un piccolo indizio sulla tua terra: la Sardegna. In che modo ti rapporti con le tue origini? Riesci ad inserirle in musica?
Io sono molto legato alla mia terra: anche se ho passato più tempo in Emilia-Romagna che in Sardegna. Per quanto riguarda il suo rapporto con la musica, faccio fatica a parlarne, perché non mi sento in grado di farlo. Quando ci ho provato mi sembrava che le parole non fossero mai adeguate a rappresentarla, e a rappresentare quello che la Sardegna vuol dire per me. Probabilmente c’è un legame indirettamente, ma a parlarne volutamente non riesco.
Hai origini sarde, sei cresciuto a Reggio Emilia, ma in Argento parli di Milano. C’è un ricordo specifico che ti lega a questa città?
Sì, c’è un ricordo particolare legato a Milano: tempo fa ho suonato come opening act di Ermal Meta al Forum di Assago. Quando ho scritto quella frase su Milano, è venuta fuori spontaneamente; riascoltandola dopo, ho capito che mi riportava al ricordo di quel concerto: è come se il sogno di quando ero bambino si fosse realizzato, è stato uno dei momenti più alti avuti in musica. Poi c’è stato il collegamento con la vita reale: il sogno è durato un attimo, dopo il quale sono tornato alla vita di tutti i giorni.
Siamo arrivati all’ultima domanda: cosa ci puoi anticipare sui tuoi prossimi lavori?
Sicuramente usciranno tanti brani: ho proprio bisogno di far sentire quello che ho scritto. Voglio fare tanta musica, e probabilmente ciò si concretizzerà in un EP. Mi piacerebbe anche riprendere a suonare live, appena raggiungerò un repertorio di brani che mi permetta di farlo.
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