Intervista: Mazzariello
Articolo/intervista contribuito da di Paola Paniccia di Futura 1993
Vi presentiamo Antonio Mazzariello, o meglio noto in arte Mazzariello. Questo giovane diciannovenne della provincia di Salerno descrive la quotidianità tramite immagini realistiche, con una spontaneità disarmante.
Dopo l’uscita dei suoi primi due singoli Rumori ed Atmosfera nel 2020, venerdì scorso è uscito il suo terzo singolo all’attivo sui digital stores, Due Minuti. Sì, si intitola proprio così, infatti per lui, ritardatario com’è, questi famosi due minuti sono spesso motivi di battibecchi con gli amici. Scherzi a parte, questo singolo è un’istantanea dedicata alle sensazioni brevi, passeggere, ogni volta nuove nonostante l’abitudine ad esse. Non è una storia d’amore, non è dedicato a nessuno in particolare: sono parole volte ad enfatizzare i suoni, e suoni volti ad enfatizzare le parole.
Abbiamo fatto quattro chiacchiere con lui per capire meglio cos’ha nella testa quando scrive canzoni e i suoi progetti futuri:
Ciao! Descriviti in tre parole.
Ciao! Questa è una di quelle domande che ha la capacità di trovarmi sempre impreparato. Un po’ come quando mi chiedono: “Oh Anto’ suona qualcosa”. A quel punto dimentico tutte le canzoni che abbia mai cantato/suonato! È sempre difficile anche perché non sono il tipo che ama descriversi, tuttavia ti dico: procrastinatore (seriale) e, ad oggi, penso che sia il mio più grande talento; distratto che certe volte sono da tutt’altra parte; ed equilibrista, costantemente in bilico tra scelte, storie, canzoni e modi d’essere.
Parlaci del tuo ultimo singolo, Due Minuti.
Due Minuti è una canzone che di minuti ne dura tre e puoi capire dal titolo che non è proprio sincera, ma non lo fa di proposito. È una canzone che può essere tutto ma non ha questo tipo di pretese. Quando l’ho scritta semplicemente non pensavo a niente, iniziai semplicemente a suonare la tastiera e le parole vennero fuori da sole, quelle del ritornello prima di tutte. Mi piace pensare a Due Minuti come ad un contenitore semplice, di plastica magari, dove dentro ci sono finite varie storie, sensazioni e altre cose che non ti ricordavi di avere, solo che quella sera sono uscite allo scoperto dopo tanto.
In Due Minuti racconti “hai lasciato nella stanza / la tua guerra fredda”, quali sono le tue guerre fredde interiori?
Le mie guerre fredde interiori non sono delle vere e proprie guerre contro qualcosa o qualcuno, sono più guerre civili contro me stesso. In generale il concetto di Guerra Fredda mi sembrava quello adatto per fare riferimento a delle tensioni che non sfociano mai in un disastro mondiale. Tutto ciò che è il “non detto” rappresenta a suo modo una Guerra Fredda. Non c’è bisogno per forza dell’America o dell’Unione Sovietica!
Su Instagram hai definito Due Minuti come: qualcosa che si dice quando hai fatto 45 minuti di ritardo e c’è qualcuno sotto casa che ti aspetta. Cosa ti aspetti invece tu da quel qualcuno lì sotto? Hai fiducia in generale nelle persone/genere umano?
Solitamente credo molto nelle persone, in generale. Dal mio migliore amico ad uno sconosciuto incontrato a strada per caso. Credo che si possa quasi sempre stabilire quel rapporto di empatia e connessione tra le parti. A modo mio provo a creare legami, con gli altri. Vuoi facendo canzoni o facendo semplicemente il cretino in giro! Quindi credo nelle persone, nonostante gli alti e bassi che questa mia convinzione possa avere. Poi può andare male, non siamo mica dei santi. Quando faccio mezz’ora di ritardo mi aspetto di tutto ma solitamente sono bestemmie.
Quando hai capito di essere portato per la scrittura?
In realtà non l’ho mai capito. E non ci credo neanche troppo. Scrivo da che ne ho memoria per esprimermi semplicemente perché mi viene naturale guardarmi intorno e dare una veste a tutto ciò che attira la mia attenzione.
Come ti approcci alla scrittura unita alla composizione? Scrivi prima la musica o i testi?
Per scrivere le canzoni non ho una regola ben precisa, ogni volta è diversa e spesso il punto di partenza ed il punto d’arrivo non è detto che coincidano. Ed è anche questo un po’ il bello. In generale scrittura del testo e composizione camminano insieme: prendo la chitarra, trovo un giro di accordi ed inizio a cantare ciò che mi passa (o che non è mai passato) per la testa.
In che genere ti identifichi maggiormente?
Sarà abbastanza classica come risposta ma non mi piace proprio identificarmi in un genere. Ma non per essere “alternativo” a tutti costi, semplicemente perché mi piace fare un po’ di tutto, sperimentare. Quindi identificarmi in qualcosa mi metterebbe semplicemente dei paletti.
Quali sono le tue aspirazioni?
La mia aspirazione più grande è quella di creare legami, connessioni con chi mi ascolta. Costruire ponti e strade tra la gente per percorrerli e lasciarci percorrere.
Hai in programma un EP o un album in futuro?
Sì, sono in programma varie cose! È da un po’ di tempo che ho voglia di creare qualcosa del genere, creare qualcosa di più grande!
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