Ghemon, l'intervista

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Sanremo, cambiamento e innovazione: Ghemon, l’intervista

Avevo Aspettative Su Chissà Che Risultati / Ma Erano Tranelli”: sono questi i primi versi che Ghemon, pseudonimo di Gianluca Picariello, canterà sul palco dell’Ariston in occasione della settantunesima edizione del Festival di Sanremo.

Lo scorso 26 febbraio abbiamo partecipato alla conferenza stampa di Ghemon dove abbiamo scambiato quattro chiacchiere sul suo progetto sanremese e quello discografico futuro. Il cantante avellinese inizia subito parlandoci del brano che sentiremo sul palco dell’Ariston: Momento Perfetto è nata nella maniera più spontanea possibile da un giro di accordi e batteria. Prima abbiamo composto il ritornello: ho le note audio e la prima registrazione è stata quella buona, non capita spesso con le canzoni. È venuto fuori così e non pensavo a Sanremo, il Festival è arrivato dopo. Se avessi dovuto concepire un brano apposito per il Festival, probabilmente mi sarei presentato nel 2025”.
Il brano è stato definito esistenzialista, ma Ghemon ci svela che preferisce un’altra definizione: “Io direi più realista che esistenzialista. Non entro in punta di piedi, ma dico subito che la vita è fatta di un sacco di aspettative che spesso vengono disattese, ed è inutile fare i supereroi tutte le volte. È un brano in un certo senso anche ottimista”.

Per la serata dei duetti, Ghemon duetterà con i Neri Per Caso, portando un medley di “Le Ragazze”, brano portato dai Neri Per Caso a Sanremo del 1995, “Donne” di Zucchero, “Acqua e Sapone” degli Stadio e “La canzone del sole” di Lucio Battisti. Ci racconta: “Non ho puntato sull’effetto nostalgia. Li ho sempre trovati eccezionali e mi hanno sempre messo “un sacco” di buon umore, come spero lo metta la mia canzone di Sanremo. Sentirli cantare mi ha sempre fatto sorridere il cuore. A maggio scorso il pensiero di Sanremo ancora non mi sfiorava, ma ascoltando il catalogo dei Neri per caso ho pensato che se mai fossi andato a Sanremo, e se ci fosse stata la serata delle cover con ospiti, avrei portato loro. Voglio portare il coro, le voci, è una cosa che mi riguarda personalmente”.

Ghemon ci parla anche di Sanremo Giovani, e alla domanda: “Nella categoria Nuove Proposte, per chi fai il tifo?” Ci risponde: “Per un giovane molto bravo, si chiama Ghemon. [ride] Scherzi a parte, ho davvero tanti amici che partecipano e non saprei davvero chi scegliere. Wrongonyou, Shorty, Folcast e Greta Zuccoli sono miei amici, forse dimentico pure qualcuno. Faccio un grandissimo tifo per loro. Credo che il livello medio delle Nuove Proposte quest’anno sia davvero alto”.

Gianluca ci svela anche qualche retroscena del suo nuovo album, “E vissero feriti e contenti”, che uscirà venerdì 19 marzo per Carosello Records e Artist First. L’album è stato scritto e prodotto tra studio, registrazioni a distanza e riunioni virtuali: è un lavoro di gruppo, composto da musicisti e produttori, quali Simone Privitera, Claudio La Rocca, Fabio Brignone e Giuseppe Seccia.
In copertina troviamo un Gianluca diverso da quello che avevamo lasciato, da rasato e biondo platino lo ritroviamo con i capelli fluenti e accanto ad un gatto. “Affronto gli anni della mia vita come se stessi facendo un film, quindi cambio look spesso. Il gatto è simbolico perché un po’ mi piacciono gli elementi di surrealtà. Voglio che le persone, guardando la copertina, si chiedano “perché c’è questo gatto?”. Si chiama Jamie ed è in una posizione rampante, pronto a scattare, proprio come io mi sento. Questo poi è il mio settimo album, i gatti si dice abbiano sette vite e io penso di averne vissute altrettante fino ad adesso”.
Il titolo, ci racconta, è nato quasi per caso: “ero sul ballatoio di un palazzo e stavo guardando le classiche case di ringhiera di Milano, osservavo il ballatoio di fronte ed è arrivato. Non stavo pensando ad un titolo ma è venuto fuori come concetto. Credevo che riassumesse me e che riguardasse quello che tutti stavano vivendo. All’inizio non mi interessava raccontare quello che era appena successo e fare musica malinconica che nel tempo riascoltandola ci dovessimo soffermare a pensare a quando eravamo tristi. Volevo una musica del festeggiamento e della liberazione. Già nel titolo volevo ci fossero i due concetti: quello che eravamo stati ma soprattutto quello che volevamo essere. Il futuro è quello che conta di più per me”.

Nei brani c’è tanta novità dal punto di vista musicale, le parole sono trattate con estrema cura e c’è anche un po’ di cambiamento. Forse perché con il tempo Ghemon ha avuto una sorta di rivincita e si è accreditato un posto nel panorama musicale nostrano. Ci saluta raccontandoci: “Mi guardo attorno e vedo che crescendo si prendono e si danno delle botte. La vita è questa e lo si può dire lamentandosi o nel mio caso, questa volta, col sorriso sule labbra: è la fine di una fiaba e l’inizio di qualcos’altro. La musica è un dialogo, è comunicazione in senso ampio e le mie canzoni esistono perché sono figlie della mia esperienza, ma se io non fossi un osservatore e un ascoltatore, non potrei scrivere. Io devo sentire quello che succede e l’esperienza delle persone attorno a me, perché è questo che io metto nelle mie canzoni. Con il tempo ho cercato di mettere l’occhio pure sulle sensazioni quotidiane. Nella prima parte della mia carriera c’era una poetica annoiata e un poeta chiuso in biblioteca, quasi Pascoli. Oggi devo guadare a chi ho vicino, come dare ritmo, melodia e poesia anche alle cose che mi succedono in casa. Per esempio, la mia fidanzata che fa confusione tra Star Treck e Guerre Stellari. Oggi che posso scriverlo in una canzone e farlo essere interessante musicalmente, è una delle cose che mi divertono nella mia carriera, cioè avere un approccio più immediato alle idee senza dover scrivere un’opera magna ogni volta. Mettere una cifra di me stesso che finora non sono riuscito a mostrare come la parte divertita, ironica e la guerra tra vita e spirito”.

Noi di Futura 1993 non vediamo l’ora di vederlo sul palco dell’Ariston, e siamo sicuri che ci riserverà tantissime sorprese e soddisfazioni.

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