Intervista: ENNE
Articolo/intervista contribuito da Paola Paniccia di Futura1993
Venerdì 19 marzo è uscito Démodé, l’ultimo EP di ENNE, nome d’arte di Nicola Togni, classe 1994. ENNE è un artista che ha fatto dei beat elettronici il suo marchio di fabbrica, infatti le sue sonorità rimandano molto ad atmosfere anni ’80 - ’90, parallelamente ad un cantato indie-rap che lo rende tremendamente contemporaneo.
Nei suoi testi tratta la modernità, la tecnologia, il rapporto uomo-macchina e tutto ciò che ne deriva guardandosi dentro, con dei livelli di introspezione che non si lasciano intimidire dal ritmo elettronico. Insieme al producer Federico Laini, ricreano le atmosfere che entrambi hanno vissuto, che siano espressione di sfogo, divertimento o amarezza.
Abbiamo fatto quattro chiacchiere con Enne, per conoscere qualche dettaglio in più sul suo ultimo EP e sulla sua musica in generale:
Ciao ENNE! Parlaci un po’ del tuo ultimo EP, Démodé. Perché si intitola così?
Ehi, ciao!
Ho scelto questo titolo per diversi motivi, innanzitutto perché è il nome di una serata/rassegna che organizzavo anni fa nella mia città con Federico, il produttore che mi accompagna sin dall’inizio del mio percorso musicale. Quello è stato un po’ il motivo per cui abbiamo approfondito la nostra conoscenza e che in un qualche modo ha portato anche alla nascita delle mie (nostre) canzoni. Poi perché mi piace molto il significato della parola “démodé”, che in francese sta per “fuori moda”: l’immaginario in cui mi muovo è fuori dal tempo, anche fuori tempo massimo se vogliamo, ma in fondo lo adoro e trovo che abbia qualcosa di vecchio ma che fa il giro diventando nuovo, figo. Anche tutto il percorso grafico è stato curato tenendo conto di questo contrasto, con l’idea di mettere nelle copertine qualcosa di estremamente analogico e vintage, i quadri, ma filtrando le foto in modo molto pesante e digitale, con estetica post-internettiana.
Nel primo singolo estratto dall’EP, “Si vive insieme/si muore soli”, canti “Preferisci alle persone una manciata di canzoni”: concetti che esprimono maggiormente una delusione verso qualcuno. Cosa ti ha portato a scrivere questi versi?
Il testo di questo brano è molto introspettivo e vede un “io” che si rivolge a sé stesso, un po’ come se parlassi con me in un costante flusso di coscienza. Dunque, ti direi che più che una delusione verso qualcuno, forse queste parole esprimono una certa delusione verso di me, perché si riferiscono a tutti quei momenti in cui smetto di capire cosa sto facendo, dove sto andando, perché mi sto comportando così, in cui insomma mi sento solo e perdo le mie certezze. Infatti, dico di bruciare noie che non mi lasceranno mai, cercare gioie che non troverò, scrivere storie che magari manco ho vissuto, cercando di esorcizzare gli errori che penso di aver commesso, calpestando sentimenti, i miei e quelli delle persone che mi stanno vicine, come fossero mozziconi. Il fatto di preferire “alle persone una manciata di canzoni”, non significa necessariamente che io ricerchi la solitudine perché mi sa di comfort zone, ma forse anche perché mi aiuta a riflettere e migliorarmi per non fare più gli stessi sbagli. Ho un botto paura di sbagliare, ma più che altro di sbagliare con le persone a cui tengo.
Il tuo non è un genere ben definito: indie-rap, beat elettronici. Dove ti identifichi del panorama musicale italiano? Quali sono stati i tuoi riferimenti e ispirazioni?
Come tantissimi artisti ti potrei rispondere che non mi piace darmi definizioni, ma sarei poco sincero con me stesso. Non mi dispiace il termine “indie-rap” per la mia parte cantautorale, in fin dei conti ho testi sempre molto densi, che mi piace raccontare più che cantare nelle strofe. Credo e spero di avere un mio linguaggio personale e riconoscibile, che poi è la roba più importante quando scrivi in italiano. A tal proposito, ti posso dire che nel nostro panorama musicale non mi identifico troppo perché sì, qualcuno mi piace (penso a Laszlo, I Cani, Calcutta, Frah Quintale, Colapesce…), ma trovo pochissime similitudini con la roba che faccio, soprattutto per quanto riguarda il sound. L’elettronica è un mondo enorme e vastissimo, super interessante, molto non-italiano soprattutto in questi anni (Cosmo è uno dei pochi che secondo me ha centrato in pieno), e che fino ad ora ho cercato assorbire in alcune sue sfaccettature. La mia musica è influenzata in gran parte da alcune sfumature dell’elettronica che in altri paesi sono state fortissime negli anni zero, qui forse un po’ meno, tipo synthpop, chillwave e french-touch. Se devo farti alcuni nomi ti dico Daft Punk, Kavinsky, Sébastien Tellier, Digitalism, Mr. Oizo, Bloody Beetroots.
In Umani dici “Teniamo l’iPhone stretto tra le mani / che manco ci guardiamo / e ci scordiamo come siamo”. Anche nel tuo primo pezzo pubblicato anni fa, San Junipero, è presente la distopia della tecnologia, del virtuale di Black Mirror. Nella tua musica ci sono spesso questi riferimenti, ma nell’era in cui viviamo i devices sono diventati pressoché indispensabili. Qual è il tuo rapporto in generale con questi strumenti e con i social?
Da perfetto millennial non posso negarti che questi schermi di vetroresina retro-illuminati siano entrati nella mia, quotidianità in modo talmente radicale da non poterne più fare a meno e, ti dirò, ci coesisto pacificamente. Anzi, a dirla tutta trovo indispensabile la tecnologia in senso lato perché ha dimostrato ampiamente di poterci facilitare un sacco di robe, pure di tenerci compagnia (penso al lockdown, ti immagini mesi del genere senza un cellulare o un pc?); e anche i social sono stati molto importanti per me, perché ci ho costruito interessi e passioni con stimoli continui (musica in primis ovviamente), in una rete di contatti e di amici enorme negli anni. Se il virtuale è solo un potenziamento della nostra vita reale, i benefici sono tanti. Il giochetto, però, si rompe nel momento in cui sono le macchine a prendere il sopravvento e non le usiamo più per migliorarci la vita, ma per peggiorarcela inconsapevolmente. E così si rischia di finire per innamorarsi di una persona lontanissima nello spazio o nel tempo, che è come se in realtà non esistesse, ed è il caso di San Junipero, o più semplicemente di scordarci dei motivi per cui litighiamo, ci abbracciamo, ci guardiamo negli occhi, ed è il caso di Umani.
Su Instagram hai scritto che Valentine è ispirata a Cowboy Bebop, e ricordiamo anche Death Note, omonimo di un altro famosissimo manga. Anche nell’artwork ogni canzone è associata ad un ideogramma. Da dove vengono questi riferimenti diretti o indiretti al mondo giapponese?
Vengono da un fascino profondo che provo nei confronti della loro cultura. Purtroppo ancora non sono stato in Giappone, ma mi piacerebbe molto visitarlo, prima o poi. Io sono fan, in particolare, di manga e anime, forse più dei secondi (i puristi dei manga ora mi vorranno morto) perché mi piace molto il disegno e il modo in cui viene animato. Trovo che l’immaginario che questo popolo riesce a sfogare nelle tavole sia assurdo, con storie davvero super evocative, coloratissime, anche molto profonde. Mentre in Death Note il riferimento era esplicito ma relegato ad un singolo verso, quasi didascalico, in Valentine l’ispirazione a Cowboy Bebop è totale non solo nel testo che parla di un amore inseguito fino ai limiti dello spazio, ma perduto, “nato morto”, insanguinato (da qui “My Bloody Valentine”, che poi è pure un tributo a una celebre band shoegaze che adoro), ma anche nella musica stessa dove abbiamo cercato di riprodurre le atmosfere dell’universo in una synthwave super dilatata accompagnata da elementi blues-western quasi morriconiani.
Cosa dobbiamo aspettarci da ENNE in futuro?
Questo EP arriva dopo 2 lunghi anni di stop e vuole chiudere un ciclo iniziato nel 2017, ma per riaprine un altro che inizia proprio ora. Ho altre canzoni pronte, ne sto facendo di nuove, l’intenzione è quella di muovermi oltre e cercare di alzare l’asticella, con storie sempre più mie da raccontare in una veste sempre elettronica, ma più contaminata, fresca e che sappia di questi anni qui che stiamo vivendo. E, prima o poi, mi piacerebbe portare tutto quanto dal vivo in un club con dentro gente sudata, col cocktail in mano che vuole ballare e limonare. Forse tocca aspettare ancora un tot, ma speriamo bene!
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