Intervista: Foe
Sentimenti tirati addosso e immortalità: un viaggio tra i pensieri di Foe
Ogni venerdì, l’uscita dei pezzi più attesi è accompagnata da una costellazione di nuove personalità che sarebbe davvero un peccato lasciarsi sfuggire. Tra queste, venerdì 19 novembre, Foe, all’anagrafe Samuele Barracco, ci ha regalato il suo nuovo singolo, Gelidi.
La canzone prende vita attraverso una produzione dal retrogusto elettronico ed un testo carico e diretto, ma mai pretenzioso: le parole di Foe raccontano delle sue necessità e dei suoi contrasti, delle cose del mondo che non gli vanno giù e della voglia di arrivare a toccare il cielo grazie ad un foglio bianco.
Attraverso questo pezzo si percepisce l’urgenza, la delicatezza e il talento di un ventenne che ha ancora tutto da raccontare e che nella musica ha trovato la sua libertà. Il progetto, seppur nuovo, fa venire voglia di andare più a fondo, di tenerci gli occhi puntati sopra, lasciando in bocca il sapore di una promessa di cose belle e piene di verità.
Con quest’intervista abbiamo voluto comprendere un po’ meglio l’essenza di Foe, le emozioni e sensazioni che lo spingono ad essere com’è.
Se Foe fosse un tuo amico, come lo descriveresti a chi non lo conosce?
Gli direi “è molto impacciato e pesante con sé stesso. Non è tipo da serata, non sa divertirsi. Se ci parli è anche abbastanza noioso perché non sa relazionarsi bene con la gente, anzi fa delle gran figure di merda. Però spicca di sensibilità! Ed è molto trasparente e anche determinato. Consiglio l’ascolto della sua musica, non di più.”
Quanto Samuele c’è in Foe, e viceversa?
Foe è nato perché Samuele non si bastava. La sua vita inizia esattamente dove finisce quella di Samuele. Quindi dentro Foe c’è tutto Samuele. Dentro Samuele non dovrebbe esserci un briciolo di Foe, ma purtroppo non è così. Ed è una delle mie battaglie più grandi.
Hai raccontato come hai sempre saputo di voler fare il musicista, fin da giovanissimo. Ricordi se questa realizzazione è legata ad un momento preciso?
Mi trovavo a scuola, alle elementari. Scelsero tre di noi per un corso di musica. Ricordo solo la sensazione: mi misero questa chitarra in mano, ne sentii l’energia e mi lasciai travolgere. Anche se è passato tantissimo tempo, posso dire con assoluta certezza che da quel giorno tutta la mia vita e le mie scelte sono state condizionate da quell’energia. Si è solo forgiata nel tempo, ha assunto varie forme, ma è sempre la stessa luce.
Il fatto di lavorare alla tua musica con due partner ormai fissi, DNVR e FRECCIA, ha cambiato il modo di approcciarti alla scrittura ed alla composizione rispetto a quando eri solo tu ed il tuo foglio bianco?
Ovviamente sì. Avere la possibilità ed il dono di poter creare con due persone che sono prima di ogni cosa i tuoi fratelli pone tutto su un altro livello. Non è cambiato il mio modo di fare musica, piuttosto si è evoluto. Entrano in gioco mille altre cose: la condivisione, per me, gioca un ruolo fondamentale nel processo creativo. È un dare-ricevere continuo e l’energia che si crea in studio è parte integrante del risultato. Inoltre, credo che la mia scrittura si sia arricchita tanto, anche grazie a loro, che mi danno la possibilità di metterla in discussione, di approfondirla e di scoprirne nuovi aspetti.
Ti ritieni un artista geloso dei propri pezzi? Una volta realizzati, l’idea di condividerli con il pubblico che sensazioni ti porta?
Non vedo l’ora di farlo. Tengo molto a questo momento perché è lì che vive tutto. Io ho una paura fottuta della morte. Foe nasce dove finisce Samuele quindi Foe è immortale, Samuele no. L’arte non sa morire, anzi può solo nascere di nuovo quando incontra un’altra persona. Quel pezzo che hai scritto vivrà tante più vite quante sono le persone che lo fanno proprio. Questa per me è la cosa più importante, la sensazione più bella.
Possiamo dire che questo sia un periodo molto florido per il panorama musicale italiano, specialmente per quanto riguarda le nuove generazioni. C’è qualche giovane artista che apprezzi ed ascolti con piacere?
IRBIS 37, gIANMARIA, Joe Croci, NICOL, Tommy Dali, Dìdime… Sono alcuni dei nomi che mi saltano in mente se penso al panorama di adesso. Sono convinto che questa sia l’era della sincerità. La nostra generazione è molto comunicativa. Non c’è più spazio per l’esibizionismo. È il tempo dei sentimenti vissuti e “tirati addosso”.
Solitamente si chiede “Qual è il tuo grande sogno?”, noi invece ti chiediamo, qual è il tuo piccolo sogno? Qual è il prossimo piccolo grande traguardo che vuoi e che vedi possibile raggiungere?
Ho ancora poca musica fuori, il mio piccolo sogno al momento è far uscire tutti i pezzi che ho chiuso in una cartella del computer in attesa che giunga la loro ora. Ogni canzone contiene tutti i pesi che mi porto dietro, pubblicarle me ne libererebbe.
In Gelidi scrivi “voglio un mondo dove non ne voglio un altro”. Cosa cambieresti di questo mondo?
La sua frenesia, il suo consumarsi da solo, senza rendersene conto. Il costante bisogno di fare guerra della gente, che attacca perché non può lasciarsi attaccare. La completa indifferenza verso i più deboli, l’esibizionismo sfrenato e la finzione che spesso si lega all’arroganza. Ho sempre più l’impressione di vivere in un ring dove è tutto concesso, l’unica regola è: sopravvivere.
Cosa vorresti che restasse della tua musica a chi la ascolta?
Sogno di ispirare attraverso la musica, di aiutare, di salvare la gente come certi pezzi hanno salvato/salvano me. Quello che pubblico è solo il mio punto di vista; quello che vorrei rimanesse è ciò che chi ascolta vuole tenersi, che sia una frase, un accordo o una sensazione.
Ascoltate e seguite Foe su canali sociali:
Intervista a cura di Ilaria de Guidobaldi in collaborazione con Futura 1993
Photo credit: Edoardo Embrinati